Eccomi, sono la serva del Signore, la mediazione di Maria (Giovanni Paolo II)

Eccomi, sono la serva del Signore (Lc 1,38), la mediazione di Maria (Giovanni Paolo II)

È significativo che Maria, riconoscendo nella parola del messaggero divino la volontà dell'Altissimo e sottomettendosi alla sua potenza, dica:

«Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me quello che hai detto»

(Lc 1, 38)

 

Il primo momento della sottomissione all'unica mediazione «fra Dio e gli uomini» - quella di Gesù Cristo - è l'accettazione della maternità da parte della Vergine di Nazareth.

Maria consente alla scelta di Dio, per diventare per opera dello Spirito Santo la Madre del Figlio di Dio.
Si può dire che questo suo consenso alla maternità sia soprattutto frutto della totale donazione a Dio nella verginità. Maria ha accettato l'elezione a Madre del Figlio di Dio, guidata dall'amore sponsale, che «consacra» totalmente a Dio una persona umana. In virtù di questo amore, Maria desiderava di esser sempre e in tutto «donata a Dio», vivendo nella verginità.

Le parole: «Eccomi, sono la serva del Signore», esprimono il fatto che sin dall'inizio ella ha accolto ed inteso la propria maternità come totale dono di sé, della sua persona a servizio dei disegni salvifici dell'Altissimo.

E tutta la partecipazione materna alla vita di Gesù Cristo, suo Figlio, l'ha vissuta sino alla fine in modo corrispondente alla sua vocazione alla verginità. [...]


Infatti, bisogna riconoscere che prima di tutti Dio stesso, l'eterno Padre, si è affidato alla Vergine di Nazareth, donandole il proprio Figlio nel mistero dell'incarnazione. Questa sua elezione al sommo ufficio e dignità di Madre del Figlio di Dio, sul piano ontologico, si riferisce alla realtà stessa dell'unione delle due nature nella persona del Verbo (unione ipostatica). Questo fatto fondamentale di esser la Madre del Figlio di Dio, è sin dall'inizio una totale apertura alla persona di Cristo, a tutta la sua opera, a tutta la sua missione.


Le parole «Eccomi, sono la serva del Signore» testimoniano questa apertura dello spirito di Maria, che unisce in sé in modo perfetto l'amore proprio della verginità e l'amore caratteristico della maternità, congiunti e quasi fusi insieme.
Perciò Maria è diventata non solo la «madre-nutrice» del Figlio dell'uomo, ma anche la «compagna generosa in modo del tutto singolare» del Messia e Redentore. Ella - come ho già detto - avanzava nella peregrinazione della fede e in tale sua peregrinazione fino ai piedi della Croce si è attuata, al tempo stesso, la sua materna cooperazione a tutta la missione del Salvatore con le sue azioni e le sue sofferenze.

Lungo la via di questa collaborazione con l'opera del Figlio Redentore, la maternità stessa di Maria conosceva una singolare trasformazione, colmandosi sempre più di «ardente carità» verso tutti coloro a cui era rivolta la missione di Cristo.


Mediante tale «ardente carità», intesa a operare in unione con Cristo la restaurazione della «vita soprannaturale nelle anime», Maria entrava in modo del tutto personale nell'unica mediazione «fra Dio e gli uomini», che è la mediazione dell'uomo Cristo Gesù.

Se ella stessa per prima ha sperimentato su di sé gli effetti soprannaturali di questa unica mediazione - già all'annunciazione era stata salutata come «piena di grazia», - allora bisogna dire che per tale pienezza di grazia e di vita soprannaturale era particolarmente predisposta alla cooperazione con Cristo, unico mediatore dell'umana salvezza. E tale cooperazione è appunto questa mediazione subordinata alla mediazione di Cristo.


Papa Giovanni Paolo II

Lettera enciclica Redemptoris Mater,  n°39

(25 marzo 1987)