Il lavoro : percorso biblico

Il lavoro : percorso biblico

Brevemente:

 

 

- Il lavoro fa parte dell'esistenza autenticamente umana, è dato al momento della Creazione, prima del peccato (libro della Genesi).

 

- Il lavoro non è un idolo, è orientato verso il riposo sabbatico (libro dell'Esodo).

 

- Gesù ha lavorato :

Ha lavorato a Nazaret come falegname.

La sua vita pubblica è anche un lavoro:  insegna, guarisce i malati, trasforma gli uomini, compie l'opera di Redenzione fino alla croce dove trasforma tutto nell'amore.

 

- Gesù onora il nostro lavoro e ci insegna a viverlo senza angoscia.

Ciascuno, deve "lavorare", in un modo o nell'altro.

 

a) Il dovere di coltivare e di conservare la terra

L'Antico Testamento presenta Dio come il Creatore Onnipotente, (cfr. Gn 2, 2;  Gb 38, 41;  Sal  104;  Sal 147) che plasma l'uomo a Sua immagine, invitandolo a lavorare la terra, (cfr. Gn 2, 5 -6), e a custodire il giardino dell'Eden dove Egli l'ha posto (cfr. Gn 2,15).

 

Alla prima coppia umana, Dio affida il compito di sottomettere la terra e di dominare su ogni essere vivente, (cfr. Gn 1, 28). Il dominio dell'uomo sugli altri esseri viventi non deve essere tuttavia dispotico e senza senso;  al contrario, egli deve "coltivare e custodire" i beni creati da Dio (cfr. Gn 2,15): beni che l'uomo non ha creato, ma ha ricevuto come un dono prezioso posto dal Creatore sotto la sua responsabilità. Coltivare la terra non significa abbandonarla a sé stessa;  esercitare un dominio su di lei vuol dire prenderne cura, come un re saggio prende cura del suo popolo ed un pastore del suo gregge.

 

Nel disegno del Creatore, le realtà create, buone in sé stesse, esistono in funzione dell'uomo. Lo stupore di fronte al mistero della grandezza dell'uomo, fa esclamare il salmista:


"Che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi,

il figlio dell'uomo, perché te ne curi?

Davvero l'hai fatto poco meno di un dio,

di gloria e di onore l'hai coronato.

Gli  hai dato potere sulle opere delle tue mani,

tutto hai posto suoi piedi." (Sal 8,5-7).

 

Il lavoro appartiene alla condizione originale dell'uomo e precede la sua caduta; non è dunque né una punizione né una maledizione.

Diventa fatica e pena a causa del peccato di Adamo ed Eva, che rompono il loro rapporto di fiducia e d'armonia con Dio (cfr. Gn 3,6-8).

Il divieto di mangiare "dell'albero della conoscenza del bene e del male" (Gn 2,17) ricorda all'uomo che egli ha  ricevuto ogni cosa in dono e che egli continua ad essere una creatura e non il Creatore.

 

Il peccato d'Adamo ed Eva fu precisamente provocato da questa tentazione: "Sarete come dèi" (Gn 3,5). Essi vollero la sovranità assoluta su tutte le cose, senza sottoporsi alla volontà del Creatore. Da allora, il suolo è diventato avaro, ingrato, subdolamente ostile (cfr. Gn 4,12); solo con il sudore della sua fronte sarà possibile trarne il cibo (cfr. Gn 3,17.19). Tuttavia, nonostante il peccato dei progenitori, rimangono invariati l'intenzione del creatore e il senso delle sue creature, fra le quali dell'uomo che è destinato a coltivare e custodire la creazione.

Il lavoro deve essere onorato poiché è fonte di ricchezza o, almeno, di condizioni degne di vita e, in generale, è uno strumento efficace contro la povertà (Cfr Pr 10,4), ma non bisogna cedere alla tentazione di idolatrarlo, poiché non si può trovare in esso il senso ultimo e definitivo della vita. Il lavoro è essenziale, ma è Dio, e non il lavoro, la fonte della vita e il fine dell'uomo. Il principio fondamentale della Sapienza è infatti il timore del Signore; l' esigenza della giustizia, da cui  deriva, precede l'esigenza del guadagno:

"È meglio avere poco con il timore del Signore  che un tesoro ricco con la preoccupazione" (Pr 15,16)

"È meglio avere poco con la giustizia che redditi abbondanti senza il buono diritto" (Pr 16,8)

 

Il vertice dell'insegnamento biblico sul lavoro è il comando del riposo sabbatico. Il riposo apre all'uomo, legato alla necessità del lavoro, la prospettiva di una libertà più piena, quella del Sabato eterno (Cfr. Eb 4,9-10). Il riposo permette agli uomini di ricordare e di rivivere le opere di Dio, dalla Creazione alla Redenzione, di riconoscersi come la sua opera (cfr. Ef 2,10) e rendere grazie per la loro vita e la loro esistenza, a lui che ne è l'Autore.

 

La memoria e l' esperienza del sabato costituiscono un rifugio contro l'asservimento al lavoro, volontario o imposto, e contro qualsiasi forma di sfruttamento, larvato o palese. Infatti il riposo sabatico è stato istituito non soltanto per permettere la partecipazione al culto divino ma anche difendere il povero; ha anche una funzione liberatrice delle degenerazioni anti-sociali del lavoro umano.

Questo riposo, che può anche durare un anno, comporta infatti un'espropriazione dei frutti della terra a favore dei poveri e, per i proprietari della terra, la sospensione dei diritti di proprietà:

"Per sei anni seminerai la terra e ne ammasserai il prodotto. Ma il settimo anno, la lascerai arata e ne abbandonerai il prodotto; i poveri del vostro popolo ne mangeranno e gli animali dei campi mangeranno quello che avranno lasciato. Farete la stessa cosa con la vostra vigna e per il vostro uliveto" (Es 23,10-11).

 

Quest'abitudine risponde ad un'intuizione profonda: l'accumulo dei beni da parte di alcuni può condurre ad una sottrazione dei beni ad altri.

 

Consiglio Pontificio Giustizia e Pace,

Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 2 aprile 2004, § 255-258

 

 

b) Gesù, uomo del lavoro.

Nella sua predicazione, Gesù insegna ad apprezzare il lavoro.

 

Egli stesso "diventato in tutto simile a noi, ha dedicato la maggior parte della sua vita sulla terra al lavoro manuale, al suo banco di falegname, nel laboratorio di Giuseppe (Cfr Mt 13,55; Mc 6,3), al quale era sottoposto (cfr. Lc 2,51).

 

Gesù condanna il comportamento del servo pigro, che nasconde sotto terra il talento (Cfr Mt 25,14-30) e loda il servo fedele e prudente che il padrone trova  ad eseguire i compiti che gli ha affidato (Cfr Mt 24,46).

 

Il Cristo descrive la sua missione come un'opera: "Mio padre è all'opera fino ad ora ed opero anche io „ (Gv 5,17) ed i suoi discepoli lavorano come operai nella raccolta della messe del Signore, che rappresenta l'umanità da evangelizzare (Cfr Mt 9,37-38). Per questi operai vale il principio generale secondo il quale "l'operaio merita il suo salario„ (Lc 10,7); essi sono autorizzati a rimanere nelle case in cui sono accolti, a mangiare e bere ciò che è offerto loro (Cfr Ibid.).

 

Nella sua predicazione, Gesù insegna agli uomini a non lasciarsi asservire dal lavoro.

 

Essi devono preoccuparsi innanzitutto della loro anima; guadagnare il mondo intero non è lo scopo della loro vita (Cfr Mc 8,36). Infatti, i tesori della terra si consumano, mentre i tesori del cielo sono imperituri: è a questi che occorre legare il proprio cuore (Cf Mt 6,19-21). Il lavoro non deve essere motivo di angoscia (Cfr Mt 6,25.31.34): preoccupato ed agitato da molte cose, l'uomo rischia di trascurare il Regno di Dio e la sua giustizia (Cfr Mt 6,33), di cui ha veramente bisogno; tutto il resto, compreso il lavoro, trova il suo posto, il suo senso ed il suo valore soltanto se è orientato verso l'unica cosa necessaria, che non sarà mai tolta (Cfr. Lc 10,40-42).

 

Durante il suo ministero terreno, Gesù lavora instancabilmente, compiendo opere potenti per liberare l' uomo dalla malattia, dalla sofferenza e dalla morte.

 

Il sabato, che il Vecchio Testamento aveva proposto come giorno di liberazione e che, osservato unicamente nella forma, era svuotato del suo significato autentico, è ribadito da Gesù nel suo valore originale: "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!„ (Mc 2,27). Con le guarigioni compiute proprio in questo giorno di riposo (Cfr Mt 12,9-14; Mc 3,1-6; Lc 6,6-11; 13,10-17; 14,1-6), Egli vuole dimostrare che il sabato appartiene a lui, poiché egli è realmente il Figlio di Dio, e che il sabato è il giorno in cui ci si deve dedicare a Dio e agli altri.

 

Liberare dal male, praticare la fratellanza e la condivisione, vuol dire conferire al lavoro il suo significato più nobile, quello che permette all'umanità di incamminarsi verso il Sabato eterno, nel quale il riposo diventa la festa alla quale l'uomo aspira interiormente. E' proprio nella misura in cui il lavoro orienta l'umanità a fare l'esperienza del sabato di Dio e della sua vita conviviale, esso diventa la festa alla quale l'uomo aspira interiormente, il lavoro inaugura sulla terra la nuova creazione.

 

Il lavoro inaugura sulla terra la nuova creazione.

L'attività umana di arricchimento e di trasformazione dell'universo può e deve fare apparire le perfezioni che in esso sono nascoste e che, nel Verbo increato, trovano il loro principio ed il loro modello.

Infatti, gli scritti di Paolo e di Giovanni mettono in luce la dimensione trinitaria della creazione e, in particolare, il legame che esiste tra il Figlio-Verbo, il "Logos„, e la creazione (Cfr Gv1,3; 1 Co 8,6; Col 1,15-17).

Creato in lui e da lui, riacquistato da lui, l'universo non è un ammasso casuale, ma un "cosmos„, di cui l' uomo deve scoprire l'ordine, custodirlo e portarlo al suo completamento. In Gesù, il mondo visibile, creato da Dio per l'uomo ma sottoposto alla caducità quando il peccato è entrato in esso (Rm 8,20; Cfr. ibid., 8,19-22), trova nuovamente il suo legame originario con la fonte divina della Sapienza e dell'Amore. In tal modo, cioè mettendo in luce, in una progressione crescente, "le ricchezze insondabili del Cristo" (Ef 3,8), nella creazione, il lavoro umano si trasforma in un servizio reso alla grandezza di Dio.

 

Il lavoro rappresenta una dimensione fondamentale dell'esistenza umana come partecipazione all'opera non soltanto della creazione, ma anche della redenzione.

L'uomo che sopporta la stanchezza e la pena del lavoro in unione con Gesù, coopera in un certo senso con il Figlio di Dio alla sua opera redentrice e testimonia che è discepolo del Cristo portando la croce ogni giorno, nell'attività che è chiamato a compiere. In questa prospettiva, il lavoro può essere considerato come un mezzo di santificazione ed un'animazione delle realtà terrene nello Spirito del Cristo.

Così concepito, il lavoro è un'espressione dell'umanità piena dell'uomo, nella sua condizione storica e nel suo orientamento escatologico: la sua azione libera e responsabile ne rivela la relazione intima con il Creatore ed il potenziale creativo, mentre ogni giorno combatte contro la deformazione del peccato, in particolare guadagnando il suo pane con il sudore della fronte.

 

Consiglio Pontificio Giustizia e Pace,

Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 2 aprile 2004, § 259-263.

 

c) Il dovere di lavorare

La coscienza del carattere transitorio "della scena di questo mondo„ (Cfr 1 Co 7,31) non dispensa da nessun impegno storico, ed ancor meno dal lavoro (Cfr 2 Tes 3,7-15), il quale fa parte integrante della condizione umana, pur non essendo l'unica ragione di vivere.

 

Nessun cristiano, per il  fatto che appartiene ad una Comunità solidale e fraterna, deve sentirsi in diritto di non lavorare e vivere a spese degli altri (Cfr 2 Tes 3,6-12); tutti sono invece esortati dall'Apostolo Paolo a farsi "un punto d'onore„ nel lavorare con le loro mani per "non dipendere da nessuno" (1 Tes 4,11-12) ed a praticare una solidarietà, anche sul piano materiale, dividendo i frutti del lavoro con "i bisognosi" (Ef 4,28).

 

San Giacomo difende i diritti violati dei lavoratori: "Ecco: il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto i vostri campi,  grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore degli eserciti" (Gc 5,4).

 

I credenti devono vivere il lavoro secondo lo stile del Cristo e farne un'occasione di testimonianza cristiana "nei confronti degli estranei" (1 Tes 4,12).

 

Consiglio Pontificio Giustizia e Pace,

Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 2 aprile 2004, § 264