La comunità cristiana e la trasmissione del vangelo

La comunità cristiana e la trasmissione del Vangelo

I primi cristiani ci hanno trasmesso il vangelo.

- L'hanno fatto riferendosi ad una tradizione. C'è una tradizione nella Chiesa di san Luca, una in quella di san Marco, ecc., e tutte queste tradizioni si congiungono per disegnare il volto di Gesù. Si può dire che la Chiesa primitiva è una "comunità tradizionale."

- L'hanno fatto riferendosi agli anziani. Nel libro degli Atti e nelle Lettere, si vede bene che la comunità primitiva è una "comunità gerarchica."

- L'hanno fatto riferendosi ai testimoni, delle persone che hanno visto, sentito, toccato... è una "comunità di testimoni."

 

Come comunità tradizionale

Come comunità tradizionale proclama il messaggio che ha ricevuto senza aggiunte o modifiche.

 

Esso è una "buona notizia", di cui non è autrice e che è tenuta a trasmettere con fedeltà e nella forma come l'ha ricevuta. Il punto di partenza, nel tempo e nello spazio, è Gerusalemme (Rom 15, 19).

Paolo dimostra tangibilmente il suo attaccamento a Gerusalemme facendosi promotore di una colletta tra le comunità etnicocristiane (Gal 2, 10; 1Cor 16, 1-4; 2Cor 8-9; Rom 15, 25-32) e recandosi a Gerusalemme per confrontare il suo vangelo con quello delle persone più ragguardevoli di quella comunità (Gal 2, 1-10).

Il polo di convergenza della tradizione paolina è la morte e la risurrezione di Gesù. Dimostrativa la dichiarazione della Prima Lettera ai Corinti: "Io vi ho trasmesso quello che ho ricevuto, che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, che fu sepolto e fu risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e poi ai dodici" (1Cor 15, 3-4).

C'è da presumere che detti e fatti di Gesù venissero tramandati, non semplicemente perché utilizzabili per l'una o per l'altra circostanza, ma per essere sue parole e fatti e non venissero alterati per risolvere le necessità di ogni giorno.

 

Come comunità gerarchica

Come comunità gerarchica fruisce della presenza di persone carismatiche (1 Cor 12, 29), ma sono gli apostoli che visitano le comunità e risolvono i problemi dottrinali o morali che si pongono (Paolo a Corinto; Pietro e Giovanni in Samaria; il gruppo salito a Gerusalemme guidato da Paolo e Barnaba per risolvere le divergenze circa l'accoglienza dei pagani nella chiesa senza sottomettersi alle pratiche giudaiche, Atti 5).

 

Come comunità testimoniale

Nei primi decenni del cristianesimo erano ancor vive persone che avevano conosciuto Gesù ed erano stati suoi discepoli.

Basta riflettere su due eventi: Giuda, uno dei dodici, che tradì Gesù, fu sostituito, dopo la Pasqua, con Mattia (Atti 1, 15-26); Giacomo di Zebedeo, fatto uccidere da Erode Agrippa I (41-44 d. C.), non fu sostituito.

Ciò sta ad indicare che i dodici erano una istituzione irripetibile strettamente legata al ministero di Gesù. Difatti una delle condizioni poste per sostituire Giuda era che il candidato avesse accompagnato Gesù dal tempo della predicazione di Giovanni fino alla sua risurrezione (cf. Atti, 1, 21-22).

 

Il messaggio di Gesù quindi è stato portato da persone qualificate e note.

 


Cf. FUSCO V., “I problemi dei vangeli oggi”, in Vangeli sinottici e Atti degli Apostoli a cura di Làconi M. e Collaboratori (Logos, 5), EDC Leumann (Torino), 1994, pp.128-129.

E. Perretto