Un fanciullo incosciente ? (Lc 2, 46)

Un fanciullo incosciente ? (Lc 2, 46)

Dal punto di vista del lettore comune, colpisca il fatto che il fanciullo fosse pacificamente tutto assorto a parlare con i dottori del tempio senza curarsi affatto dei genitori, senza scrupolo per la «colpa» di non averli avvertiti.

 

Benché ancora ragazzo, Gesù comprende chiaramente ciò che deve fare e che non può essere rimandato: restare di fronte ai dottori che lo interpellano, forse inizialmente per gioco e curiosità, poi con interesse, nella casa di Suo Padre, e discutere con loro delle cose di Dio, spingendoli forse più avanti nella comprensione della Parola, preparando il terreno alla rivelazione del Verbo, aiutandoli forse a liberarsi di quell'attaccamento alla tradizione, di quei condizionamenti del passato che tante volte costituiranno un impedimento al Regno, un peso da imporre più fortemente agli altri che a sé.

« Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito ! » (Lc 11,46).

 

Molte volte nel Vangelo Gesù ricorderà la necessità per cui le cose dello Spirito hanno una loro temporalità da rispettare, che non tollera lungaggini. Lo sposo ad esempio non attende che le vergini vadano a prendere olio mancante mentre è in arrivo e occorrerebbe solo vigilare (cf Mt 25,1.13). Non è bene andare a seppellire i propri cari quando Dio chiama o che ci si prenda cura delle bestie o quant' altro (Lc 9,59-62).

 

L'episodio di Gesù tra dottori del tempio ci appare come una chiara conferma della presenza costante dello Spirito nella vita di Gesù (Cf. Lc 4, 18s). È lo Spirito che gli suggerisce quello che deve fare in una data circostanza, confermandogli la sua vocazione e dando forza e sapienza alle sue parole e alle sue azioni. Se comunemente, quando la voce dello Spirito si fa sentire, può esservi qualche esitazione, un tergiversare che paralizza le decisioni e rallenta l'avanzare del Regno, per Gesù non è così.

Gesù dirà :

« Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me » (Mt 10,34-37).

Non c'è «ma» che tenga quando si tratta di una chiamata di Dio.

 

Questo atteggiamento di fondo, che costituisce in tutte le fibre la persona di Gesù, fa sì che Egli sia sereno circa il suo operato e non viva il distacco come una trasgressione colpevole. Lo conferma quanto scrive l'evangelista: Egli stava «seduto in mezzo a loro», dove il sedersi è diverso dallo stare con un piede da una parte e l'altro dall'altra parte, nella fretta e nello scrupolo di chi vive dilacerato tra due richiami ugualmente attraenti o tra due doveri tra loro in conflitto. Gesù siede regalmente convinto di essere nella volontà di Dio:

«Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 6,38).

Questo adempimento consapevole della volontà di Dio gli conferisce sicurezza e pace con se stesso, in modo da poter restare in mezzo ai dottori... Non glielo consentiranno più quando sarà abbastanza grande da rappresentare un possibile rivale.

«Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla...» (1 Cor 1,27).

 


Extraits de : Giulia Paola DI NICOLA, Una maternità in discussione, in “Theotokos” anno VI, 1998, n°2, p. 455-468, p. 458-461

[*Rivista Theotokos, via Predestina 1391 – 00010 Colle Predestino (RM).]