Tamar, commenti

Tamar, commenti

« Giuda generò Fares e Zara da Tamar.» (Mt 1,3)

 

La pietà popolare giudaica ha fatto di Tamar un modello di virtù.

Filone d'Alessandria la giudica prototipo dei proseliti: quando essa dalla profonda oscurità in cui si trovava (sacerdotessa della dea cananea Ishtar, dea della fecondità), poté percepire un raggio di verità, a rischio della vita, passò nel campo della verità per servire e pregare la Causa Unica.[1]

Rabbi Yudan commenta:

"quando Giuda dice: essa è giusta lo Spirito santo si manifesta e dice: Tamar non è una prostituta e Giuda non ha voluto darsi alla fornicazione con lei; la cosa è accaduta a causa mia, perché si levi da Giuda il re Messia".[2]

Nelle sinagoghe della Palestina viene lodata come santa: sbagliando compì un'opera santa e Dio portò a compimento il suo disegno di dare origine ad una discendenza nel popolo di Dio, seme santo da Dio benedetto[3].

 

I gesti di Tamar nel racconto dell'Antico Testamento sono orientati alla conservazione della tribù di Giuda

I gesti di Tamar nel racconto dell'Antico Testamento sono orientati alla conservazione della tribù di Giuda, altrimenti destinata alla estinzione, e a dimostrare il sopravvento di Fares sul fratello gemello Zara. Nella genealogia matteana l'attenzione è concentrata sulla paternità di Giuda e nella scelta di Fares, come erede delle promesse fatte ad Abramo. Matteo, che scrive ad evento compiuto e con la memoria rivolta alle benedizioni di Giacobbe ai suoi figli e in particolare a Giuda,[4] vi scorge un gesto che favorisce la continuità della linea messianica che incalza di generazione in generazione da Tamar a Maria.[5]

 


[1] Filone, Le Virtù, 221.

[2] Talmud Tosephta, 17. Cf. Bloch R., "Juda engendra Phares et Zara de Thamar, Mt 1, 3", p. 387.

[3] Cf. Bloch R., "Juda engendra Pharès et Zara de Thamar, (Mt 1, 3)", in Mélanges bibliques rédigés en l'honneur de André Robert, Paris, Bloud & Gay, 1957, p. 389..

[4] Cf. Gen 49.

[5] Masson J., Jésus, fils de David dans les généalogies de saint Matthieu et de saint Luc, Téqui, Paris 1982, p. 198.


Elio Peretto