2° secolo : Cristiani nel mondo ma non di questo mondo

Il meraviglioso ed insperato evento della Salvezza in Cristo, ossia l'umanizzazione di Dio e quindi la divinizzazione dell'uomo, è vissuto dalle giovani comunità cristiane in modo cosciente, intenso ed eucaristico. Ne è prova il clima escatologico del "già" e "non ancora" che caratterizza i primi cristiani. Vivono in questo mondo, ma hanno la coscienza precisa di non essere di questo mondo.

Il cap. quinto della Lettera a Diogneto (II° sec.) non lascia dubbi intorno alla consapevolezza di questi primi cristiani di essere in questo mondo - che passa - dei pellegrini provvisori.

Vivono in questo mondo, ma sotto il segno dell'attesa escatologica, ossia completamente proiettati verso l'altro versante del tempo.

L'antichissima e misteriosa formula liturgica aramaica "Maranathà", che si ritrova spesso sulle labbra e nel cuore di questi nostri primi fratelli nella fede, è carica di questa tensione escatologica: «evoca la presenza del Risorto in mezzo ai suoi, supplica perché questa presenza si rinnovi al momento della celebrazione, affretta col desiderio e la preghiera il suo ritorno definitivo nella gloria: Venga il Signore e passi questo mondo... Maranathà! Amen». (1)


(1) M. MAGRASSI, Maranathà. Il clima escatologico della celebrazione primitiva in Rivista liturgica, 53 (1966) 3, 392-393.

 

A.Gila