Il parto verginale negli Apocrifi

Il parto verginale negli Apocrifi

Nel Protovangelo di Giacomo il parto a Betlemme coniuga due componenti contraddittorie per dare il senso della grandezza dell'evento: una nascita straordinaria appartenente alla sfera del divino, come appare dalla sospensione del moto della natura; una storia reale accaduta nel tempo, che tuttavia lascia intatta la madre e le consente di continuare a fregiarsi del titolo di vergine. Il fatto è incontrovertibile. Una levatrice e la sua amica Salome testimoniano che Maria è vergine-madre. L'autore (Prot. XVIII-XX) vi riconosce l'insegnamento teologico difeso dalla Chiesa, ma ne travalica le proposizioni.

La presenza del divino che si manifesta col simbolo della nube luminosa, che avvolge la grotta. Se un approfondimento è possibile, non tanto del parto verginale quanto della cornice teofànica, tale approfondimento è realizzabile riflettendo sull'episodio della trasfigurazione (cf. Mt 17,1-9; Mc 9,2-12; Lc 9,28-36). Dalla nube esce una voce che proclama Gesù, in quel momento fonte di luce, Figlio di Dio. La nube si dilegua, la luminosità scompare e Gesù è presente in tutta la sua umanità allo sguardo attonito dei tre apostoli. Alla nascita di Gesù, il Padre, impersonato e nascosto dalla nube, ritirandosi lascia a Maria suo Figlio, che, già pura luce, è diventato uomo[1].

 

«Una nube luminosa copriva la grotta. E l'ostetrica disse : "La mia anima è stata esaltata oggi, perché oggi i miei occhi hanno visto delle cose straordinarie: la salvezza è nata per Israele". E subito la nube si ritirò dalla grotta e una grande luce apparve nella grotta, al punto che gli occhi non potevano sopportarla. E, poco a poco, questa luce si ritirò fino a ch apparve un neonato». (Protovangelo di Giacomo, 19)

 

L'Ascensione di Isaia così descrive la nascita:

«Due mesi dopo, stando Giuseppe a casa sua con Maria, sua moglie, soli, accadde che, trovandosi così, Maria improvvisamente guardò con i suoi occhi e vide un bambinello. Ne rimase turbata. Cessato il turbamento, il suo seno compariva come prima della gravidanza. Quando il marito, Giuseppe, le chiese: 'Che cosa ti sconvolge?', i suoi occhi si aprivano, egli vedeva il bambino e lodava Dio che il Signore era giunto nella sua eredità. Una voce li raggiunse: 'Non raccontate a nessuno la visione'. Ma la fama del bambino si sparge a Betlemme. Alcuni dicevano: 'La Vergine Maria ha partorito, prima che siano passati due mesi dal matrimonio'. Molti invece: 'Ella non ha partorito. Nessuna levatrice è stata da lei e noi non abbiamo inteso grido di lamento'. Tutti erano all'oscuro a proposito del bambino. Tutti sapevano che esisteva, ma nessuno sapeva donde veniva» (XI).

 

L'Autore delle Odi di Salomone dice:

«[...] ella divenne gravida e partorì senza dolore; e siccome non avviene nulla senza ragione, così ella non ebbe bisogno di una levatrice che l'assistesse; come un uomo partorì volontariamente» (XIX).

 

È evidente il messaggio di questi autori: il parto verginale è il segno, insieme al verginale concepimento, del Dio con noi, ossia dell'umanizzazione di Dio.

 


[1] Come si vede c'è a monte una sensibilità biblica e teologica molto acuta come questo accostamento tra l'evento del Tabor e la nascita a Betlemme.

 

A. Gila