1997. Un nuovo dogma ? ( PAMI )

1997. Un nuovo dogma ? (PAMI)

Anche in occasione dell'ultimo Congresso Mariologico, celebrato a Cz?stochowa dal 18 al 24 agosto 1996, fu costituita una commissione per rispondere a una richiesta della santa Sede : conoscere la possibilità e l'opportunità della definizione dei titoli mariani di Mediatrice, Corredentrice, ed avvocata.

Negli ultimi anni sono infatti giunte al Santo Padre, ed a vari Dicasteri romani, petizioni in tal senso. La risposta della Commissione, volutamente breve, fu unanime e precisa : non è opportuno abbandonare il cammino tracciato dal Concilio Vaticano II e procedere alla definizione di un nuovo dogma.

 

Nella scia dell'insegnamento del Concilio Vaticano II

Da qualsiasi parte che postula una definizione dogmatica concernente i titoli mariani di Corredentrice, Mediatrice e Avvocata non è in linea con gli orientamenti del grande testo mariologico del Vaticano II - il capitolo VIII della Lumen Gentium - che, a giudizio di Paolo VI, costituisce la sintesi più vasta che mai un concilio ecumenico abbia tracciato della dottrina cattolica circa il posto che Maria Santissima occupa nel mistero di Cristo e della Chiesa (Allocuzione conclusiva della terza sessione conciliare, 21 novembre 1964). E non è davvero il caso di sottovalutare la portata dell'insegnamento mariologico del Vaticano II, proposto nell'ambito eccezionale di una costituzione dogmatica, frutto dell'azione dello Spirito Santo e della ponderata riflessione di coloro - i vescovi - a cui il Signore ha affidato il compito di custodire e illustrare il deposito della fede.

Ora, l'attuale movimento definitorio non è evidentemente in linea con l'indirizzo del Vaticano II per quanto riguarda sia la richiesta di un nuovo dogma mariologico, sia il contenuto proposto per l'ipotetica definizione dogmatica.

 

 

Sull'ipotesi di un nuovo dogma mariologico.

I Padri del Concilio e i suoi Presidenti istituzionali, Giovanni XXIII e Paolo VI, ritennero che non fosse il caso di procedere a nuove definizioni dogmatiche : conclusione maturata in un processo di riflessione e di preghiera che vide impegnati in prima linea Giovanni XXIII, Paolo VI e la commissione teologica del Concilio. Perché richieste di nuovi dogmi erano giunte alla Commissione preparatoria del Vaticano II. Ad esempio, 265 vescovi avevano chiesto "doctrina mediationis universalis Beatae Mariae Virginia definiatur ut dogma fidei." ; 58 vescovi avevano inoltrato la stessa domanda con la precisazione "si id opportunum visum fuerit". In totale 313 vescovi, numero senza dubbio da prendere un considerazione. Ma si era nella fase preparatoria, "ante concilium". Quelle richieste infatti diventano rare "in Concilio" , anzi scompaiono via via che nell'aula conciliare procede il dibattito, ora già con valenza universale, accompagnato dalla preghiera della Chiesa. Il risultato è noto, la costituzione Lumen Gentium, che con meditata scelta non contiene la definizione dogmatica della mediazione, fu approvata con 2151 voti favorevoli su 2156 votanti : un approvazione moralmente unanime, espressione vera e legittima del Magistero della Chiesa. In quei 2151 voti favorevoli ci sono senza dubbio anche quelli dei 313 Vescovi che, nella fase preparatoria avevano chiesto la definizione dogmatica della mediazione di Maria.

Ad appena 33 anni dalla promulgazione della Lumen gentium - e sono davvero pochi anni in rapporto alla rarità ed eccezionalità di un concilio ecumenico - non è cambiato sostanzialmente il panorama ecclesiale, teologico ed esegetico che determinò i pronunciamenti dottrinali mariani del Vaticano II.

Ciò non significa ovviamente che il capitolo VIII della Lumen gentium costituisca una sorta di blocco o di catenaccio per il progresso della dottrina riguardante la Madre del Signore : significa semplicemente che in una questione di tanta gravità come è quella di una definizione dogmatica non si può ignorare una specifica presa di posizione da parte di un organismo di tanto peso dottrinale quale è un concilio ecumenico.

 

Sul contenuto specifico.

La richiesta di definizione dogmatica si concentra su tre titoli della Vergine : Corredentrix, Mediatrix, advocata. La Dichiarazione di Cz?stochowa giustamente osserva che ad ognuno di essi si può attribuire un contenuto conforme al deposito della Fede, ma si rivela nondimeno che tali "titoli,

come vengono proposti, risultano ambigui, giacché possono comprendersi in modi molto diversi." Rivelazione grave, perché in vista di un pronunciamento dottrinale di tanta portata come una definizione dogmatica si esige che i termini non si prestino ad interpretazioni ambigue e siano intesi in modo sostanzialmente univoco. Ora, il titolo di Mediatrice, ad esempio, è stato inteso lungo i secoli ed è inteso tuttora in modo notevolmente diverso. Basta prendere in mano i manuali di mariologia degli ultimi anni, dal 1987 ad oggi ne sono usciti una ventina - per constatare che la mediazione della beata Vergine è trattata dai teologi in maniera contrastante nell'impostazione, nella valutazione dottrinale, nella determinazione del campo in cui essa viene esercitata, nel raffronto con la mediazione di Cristo e dello Spirito Santo. A prescindere da ogni altra considerazione, nel caso della mediazione di Maria si è davanti, per quanto concerne molti aspetti di essa, a una "quaestio disputata", si è lontani cioè da quella sostanziale unanimità teologica che, in relazione a ogni questione dottrinale, è il preludio necessario per procedere ad una definizione dogmatica.

 

Nel solco della dottrina della maternità spirituale.

A proposito del titolo di Corredentrice, la Dichiarazione di Cz?stochowa annota : "In realtà il termine "Corredentrice" non viene adoperato dal magistero dei Sommi Pontefici, in documenti di rilievo, dai tempi di Pio XII. A questo riguardo vi sono testimonianze sul fatto che Egli ne abbia evitato intenzionalmente l'uso."

Precisazione importante, perché qua e là, in documenti pontifici secondari, e quindi senza peso dottrinale, si può trovare, sia pure molto raramente, tale titolo.

Nei documenti fondamentali invece e in quelli di qualche rilievo dottrinale esso è accuratamente evitato. Così nella costituzione dogmatica Munificentissimus Deus (1950) e nelle encicliche Fulgens corona (1953) e Ad caeli Reginam (1954) di Pio XII nel capitolo VIII della Lumen gentium(1964) del Vaticano II, nelle esortazioni apostoliche Signum Magnum (1967) e Marialis cultus (1974) di Paolo VI, nell'enciclica Redemptoris Mater (1986) di Giovanni Paolo II (1986), che per la materia trattata avrebbe potuto costituire un'occasione propizia per il suo uso, il titolo Corredentrice è stato intenzionalmente evitato. Si tratta di un fatto significativo che non si può trascurare. Desta peraltro sorpresa che il movimento definitorio chieda al Magistero pontificio di procedere ad una definizione dogmatica - la massima espressione di impegno magisteriale - nei confronti di un titolo verso il quale esso nutre riserve e sistematicamente scarta.

Ma più che su queste considerazioni, la Dichiarazione di Cz?stochowa si sofferma a sottolineare l'importanza di seguire la linea tracciata dal Concilio Vaticano II e proseguita dal Santo Padre Giovanni Paolo II.

 

Linea impegnativa dal punto di vista dottrinale, per nulla minimalista, feconda di prospettive pastorali. I due cardini di essa sono :

 

- La ripetuta affermazione della cooperazione di Maria all'opera della salvezza (Cfr. Lumen Gentium 53. 56. 61. 63) : "cooperatio", termine aperto, che non suscita reazioni negative nell'ambito della teologia cattolica, usato da Sant'Agostino nel celebre testo "De Sancta virginitate", 6 ; sulla preferenza da parte del Magistero pontificio del termine "cooperatio" nei confronti di "coredemptio", si veda la catechesi di Giovanni Paolo II nell'udienza generale del 9 aprile 1997, in cui il Santo Padre tratta diffusamente della cooperazione della Vergine all'opera della salvezza.


- L'insistente affermazione della maternità spirituale di Maria nei confronti dei discepoli di Cristo e di tutti gli uomini (cfr Lumen Gentium 53. 54. 55. 56. 58. 61. 63. 65. 67. 69.), sia come cooperazione storica all'evento della redenzione sia come intercessione permanente in favore degli uomini, dal memento della sua gloriosa Assunzione fino al coronamento di tutti gli eletti (cfr Lumen gentium 62).

 

Come è noto è stato più volte osservato che se il Concilio di Efeso (431) fu il concilio dell'affermazione solenne della maternità divina di Maria, il Vaticano II è stato quello dell'affermazione della maternità universale, nell'ordine della grazia.

Alla luce dell'insegnamento del Vaticano II, Paolo VI riteneva la dottrina riguardante la maternità spirituale di Maria una verità di fede : la Vergine continua adesso dal cielo a compiere la sua funzione materna di cooperatrice alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle singole anime degli uomini redenti. È questa una consolantissima verità che per libero beneplacito del sapientissimo Iddio fa parte integrante del mistero dell'umana salvezza : essa, perciò, dev'essere ritenuta per fede da tutti i cristiani (Signum magnum 1)

Lo stesso Giovanni Paolo II, nell'enciclica Redemptoris Mater, nn 44-47, concepisce la "mediazione mariana" quale "mediazione materna", la inquadra nella trattazione della maternità spirituale e vede in essa l'espressione più alta della sua cooperazione all'opera della salvezza.

La Dichiarazione di Cz?stochowa indica la strada da seguire : approfondire le questioni relative alla mediazione di Maria e alla sua funzione di avvocata nell'ambito della maternità spirituale, come momenti significativi del suo esercizio. In questa direzione si è orientato nettamente il "sensus fidelium". Battere la strada inversa può rivelarsi fuorviante o condurre verso vicoli ciechi. Come si diceva, i tre titoli in questione sono suscettibili di una lettura corretta. Come moltissimi altri che ricorrono nei documenti magisteriali e nella pietà della Chiesa - nova Heva - Auxiliatrix - Socia redemptoris... Bisognerà tuttavia riflettere sulle ragioni per cui quei tre titoli, "coredemptrix, mediatrix, advocata", sono stati evitati o poco usati nel magistero della Chiesa negli ultimi cinquant'anni : probabilmente perché non sono i più adatto ad esprimere il contenuto a cui si riferiscono.

Sorprende, in un certo senso, la sobrietà con cui la Dichiarazione di Cz?stochowa allude alle gravi conseguenze negative che, sul piano ecumenico, avrebbe la definizione dogmatica dei titoli in questione : "Infine i teologi, specialmente i non cattolici, si sono mostrati sensibili alle difficoltà ecumeniche che implicherebbero una definizione dei suddetti titoli." Perché, in definitiva, il nocciolo della questione è altrove : nella necessità di "un ulteriore approfondimento in una rinnovata prospettiva trinitaria, ecclesiologica ed antropologica".

 


Ponticifia Accademia Mariana Internazionale, Un nuovo dogma ?

Osservatore Romano, 4 giugno 1997, p. 10.